NECROPOLI SABINA
A 1100 metri sul livello del mare é stata scoperta la prima necropoli degli antichi sabini in territorio oggi abruzzese.
Sei tombe del tipo ad inumazione in fossa, cinque adulti maschi ed un bambino.
Degli adulti una é donna.
Il sito si trova ad una manciata di chilometri dal confine regionale, poco oltre il comune di Borbona nel territorio di Montereale.
Il ritrovamento é stato possibile grazie all'azione degli operatori locali dell'Archeoclub appartenenti alla sede comprensoriale dell'Alto Velino e Tronto che hanno assunto il compito di leggere la superficie del territorio.
Ed é proprio durante un'azione periodica di perlustramento dell'area che Pietro Salvatori, socio dell'archeoclub, incuriosito della presenza di un mucchietto di terra fresca rimossa da poco scopriva fra i sassi resti di corredo di una tomba ed esattamente una fibula di bronzo, una lama di coltello in ferro ed altro materiale minuto.
«Erano dei chiari segni lasciati dall'azione di uno scavo clandestino - dice il volontario - Abbiamo tempestivamente informato gli organi competenti e dopo una prima ricognizione sul campo la Soprintendenza per l'Abruzzo ha deciso di effettuare una campagna di scavo che si é svolta nei mesi di settembre e ottobre 2005.
E' un ritrovamento casuale, conclude il Salvatori, che conferma il bisogno di ampliare l'azione di salvaguardia del territorio e della valorizzazione dei nostri beni culturali che da anni, come Archeoclub, stiamo perseguendo fra notevoli difficoltà organizzativi ed economici».
Data la posizione della necropoli scoperta, appartenente ad un periodo compreso tra l'VIII ed il VI secolo A.C. é possibile parlare di un insediamento d'altura fortificato costruito per controllare la dorsale appenninica dall'ingerenza dei popoli vicini, Piceni e Pretuzi.
La conferma di tale destinazione viene dalla tipologia del corredo recuperato nelle tombe: un pugnale in ferro ed una lama di lancia senza asta, un cinturone di bronzo a placche elementi appartenuti certamente ad un guerriero di rango.
Dallo scavo é emerso molto vasellame sabino in ceramica rossa molto simile a quello rinvenuto nelle tombe laziali di Colle del Forno, Passo Corese e Amatrice.
Un altro elemento che differenzia le tombe scoperte a Montereale da altre dell'aquilano é il ritrovamento nella fossa femminile del corredo funebre di quattro rocchetti fittili usati dalle donne di rango per la tessitura: l'uso di deporre nelle tombe gli strumenti della filatura era del tutto estraneo fra i popoli dell'Abruzzo come Vestini, Equi, Marruccini ed altri.
L'area archeologica appena scoperta rientra nel territorio del Parco Nazionale del Gran Sasso e dei Monti della Laga dove recentemente sono state ritrovate due interessanti necropoli nel territorio del comune diAmatrice.
La scoperta di Montereale alimenta il dibattito sull'opportunità di iniziare un progetto che porti all'allestimento nel Parco di un museo archeologico che raccolga i reperti recuperati sulla dorsale appenninica mentre i materiali recuperati permetteranno uno studio comparato con quelli appartenenti ai Sabini tiberini.
TERRITORIO NOVERTINO
Regesto Farfensi documenti Rimonis; an.783 R.137, 138,140,142,- Rimonis castandi civitatis reatina;
R.282 .. et res Gualtarii filii Rimonis - 859 R.300, 315, quam Ioseph filius eisdem Rimonis - an.967 R.404 ..
res Gualtarii filii Rimonis
An.823 R.257 - civitate Spoletana in palatio .. in sudicio resedissemus non Leo vassus .. cum Ingoaldo abbate .. et Hilpidiano, Aldone de Furcona, Rimone filio Ioseph, Ageris castaldio, Benedicto scavino …
a.875 R.315 .. Ipsam petiolam terrae unum caput tenentem in terra quae fuit cuiusdam rimonis, quam ioseph filius eiusdem rimonis
An.920 R.342 - ego Gottifredus comes filius cd. Ioseph de civitate Reatina, qui fuit bassus domni imperatoris, dedit tibi, Rimo …abba … terram nostram . in territorio Novertino . in Albigianus. Ipsas res quas Baruncio filius qd. Teudeperti genitori meo. Simul dedit .in Capitizanus , res quae fuerunt cd. Grimeri castaldi, qui genitori meo per cartam venditionis dedit, quantum ibidem in Capitiniano et in Paganeco , et in Cacaniano de ispsis rebus Grimeri castaldii pertinent … ricevo in terza generationem ..Hoc est ipsam turrem cum palatio et cum aecclesii …in Acupencus .. terram per mensuram, a capite tenente in ponte …Et in medio per latitudinem pedum centum quinquaginta, et cum ipsa vinea quae pergit ad flumen posita est ipsa suprascripta terra a capite usquem pontem, a pede usque terram qd. Ursi et Zabennonis et suorum haeredum, ab uno latere ipsius civitatis usque viam et terra .mon. vestri, et aepiscopi s.Mariae de Reate, ab alio latere a fluvio … + Gottifredus comes + Izo + Teudelasius + Ugo
An. 922 ACR Arm. IV, fasc. K, n.1 - Colo vescovo reatino concede in enfiteusi a Giuseppe e suoi figli i beni della chiesa reatina, situati
ABBAZIE E CONVENTI
La tradizione fa risalire al 1400 la fondazione del monastero di S. Leonardo. Dal monastero presero il nome la località e il monte su cui esso si erige.
Si ignora chi l’abbia fondato, ma la sua origine benedettina è sicura per due motivi: 1) perché il monastero e la località furono dedicati a S. Leonardo, Abate benedettino, eremita francese del sec. VI, il culto del quale molto antico in Italia, si diffuse nel Meridione sotto la dominazione degli Angioini (1266); 2) perché i monaci benedettini avevano fondato in quel luogo vari monasteri, tra cui quello di S. Antonio e di S. Mauro, vicino all’ attuale chiesa di S. Lorenzo in Fano.
Al ricordo di S. Benedetto si ricollega anche il titolo abbaziale, di cui è insignito il Parroco pro tempore delle due chiese collegiate di S. Maria in Pantanis (da una palude che copriva la piana di Montereale) e di S. Maria Assunta in Montereale.
Circa l’anno 1550, le sacre mura del monastero furono violate da una masnada di malviventi che vi fecero irruzione. Sottoposero la Comunità alle sevizie più crudeli e uccisero molte suore. Le poche, scampate alla morte con la fuga, ritornarono in famiglia o presso famiglie amiche in attesa di tempi migliori per riaccendere il focolare monastico. La Provvidenza non le fece attendere molto.
Ci sono motivi per credere che la vita monastica, in quel monastero, abbia potuto riprendere fin dal 1569. Infatti, una duchessa della Casa d’Austria, allora regnante, Margherita, figlia dell’Imperatore Carlo V, che possedeva molte proprietà in Montereale, donò alle religiose profughe lo stabile e il terreno, dove attualmente sorge il monastero.
Ma purtroppo il monastero ebbe vita solo per pochi decenni, perché nel 1600 fu distrutto dal terremoto. Fu ricostruito nel 1615, ma nel 1703 dovette patire la violenza di un altro terremoto.
Montereale allora faceva parte del Regno delle Due Sicilie. Sotto i Borboni la vita del monastero continuò a godere del suo ritmo normale.
Durante la dominazione napoleonica, con la soppressione degli Ordini religiosi e l’incameramento dei loro beni, dal monastero di S. Chiara, sovrastante quello di S. Leonardo, furono espulse le Clarisse, che, in numero di sette, trovarono rifugio nel nostro, eccezionalmente risparmiato.
Negli anni successivi dovette subire altre prove, sia durante il ritorno dei Borboni, sia durante l’occupazione garibaldina per l’annessione del Regno delle Due Sicilie al Piemonte. Con le leggi che il Governo piemontese promulgò nel 1866, il monastero venne chiuso e confiscato con tutto quello che possedeva. Diventato proprietà del Comune di Montereale, l’amministrazione acconsentì benevolmente che la Comunità continuasse ad abitarlo.
Conclusasi felicemente la 1^ Guerra mondiale, nel 1918, Mons. Loreto Forti, con denaro e per cura del Vescovo di Rieti, acquistò l’edificio e i beni del monastero. Cinque anni dopo, lo rivendette nella forma cosiddetta "tontinaria" a più persone private, tra le quali l’Abbadessa del monastero, ai patti e condizioni previste nell’atto.
Nel 1927, con la visita dell’Abate generale Don Edmondo Bernardini, il monastero rafforzò il suo collegamento con il Sacro Ordine Cistercense.
La visita del rev.mo Padre Generale ha segnato per il monastero una tappa indimenticabile. Si può dire, infatti, che da allora la Comunità ha cominciato a vivere una vita nuova, derivata dalla maggior dipendenza gerarchica e dal nuovo indirizzo dato dalla pratica della S. Regola.
La vita del monastero poté svilupparsi con un respiro più forte in sintonia più profonda con quello della Chiesa e delle altre famiglie cistercensi d’Italia e del mondo.
Nel giro, però, di quest’ultimo ventennio due problemi si presentarono, l’uno e l’altro con la pretesa di una soluzione urgente: la crisi delle vocazioni e la necessità dì dare più sicurezza al fabbricato piuttosto malandato. Dopo tante difficoltà, superate con l’intervento dei Superiori e la collaborazione di una impresa locale, l’opera è stata compiuta durante il triennio 1972-1975.
Le Sorelle sostennero personalmente i lavori più duri di sterro e di manovalanza.
Rimasto quello di un tempo per austerità e volto esteriore, nel suo ammodernamento interno, il monastero offre a chi già ci vive e a chi ci vivrà, l’accoglienza calda di una famiglia di figlie di Dio e di S. Bernardo.
Il Signore accolga la preghiera di chi, lavorando, ha offerto tanto sudore e tanta fatica per la rifioritura delle vocazioni.
Bibliografia
I Monasteri cistercensi femminili della federazione italiana, s.l., s.d. (ma 1980), s.p.